1. La vita leggendaria.
Nella storia ecclesiastica si incontrano pochi Santi più celebri di Leucio, egli ha ottenuto fin dai primi tempi della Chiesa un culto generale ed esteso. Ancora non è stato stabilito l'esatto valore storico della Sua vita, ma S. Leucio fu certamente il primo evangelizzatore della città di Brindisi ed il primo apostolico vescovo del popolo brindisino.
La diocesi di Brindisi è attestata ufficialmente per la prima volta in un documento del V secolo e l'Arcivescovo Peregrino all'inizio del Xlll secolo, ritoccando gli Atti del Santo, attribuisce a quel periodo la Vita di Leucio, collocandola esattamente ai tempi di Teodosio il giovane.
Le leggendarie interpretazioni medioevali lo fanno nascere ad Alessandria d'Egitto sul finire del IV secolo, da genitori di nome Eudecio ed Eufrodisia. A Leucio fu imposto il nome di battesimo Euprescio perché unica prole; a soli dieci anni perse la madre e, pieno di dolore, decise con il padre di vendere i beni, di distribuire il ricavato ai poveri e di ritirarsi nel Cenobio di S. Ermete, dove fu eletto Priore a soli 18 anni.
In occasione della ricorrenza dell'Assunta, il padre cadde in un sonno profondo ed ebbe una bellissima visione che annunciava la chiamata divina per il figlio Euprescio nel nome di Leucio. Il prodigioso Priore, appena ne fu informato, lasciò il romitaggio di S. Ermete e divenne Ministro dell'Altare con il nome di Leucio (1).
La morte ben presto colse anche il padre, ormai felice, ed il giovane fu reso libero di predicare Cristo nell'alto Egitto, poi ancora nell'Etiopia dove compì il miracolo di liberare un etiope facendo uscire dal suo corpo un pipistrello di forma demoniaca. Anche a Galgatar, in Egitto, compì più tardi, il miracolo di far rivivere alcuni cadaveri rimasti uccisi da un drago che emanava un alito velenoso tra la paura e la pena di quelle genti terrorizzate.
La fama di Leucio arrivò ad Alessandria dove fu richiamato ed eletto, per voto di popolo, capo spirituale della Chiesa di S. Marco. Saturnino, il prefetto della città, era sostenitore del culto ai Numi pagani e pensò di sopprimerlo, ma i suoi legionari caddero sotto provvidenziali macerie dopo che uno di essi riuscì a pentirsi e ad informare il Santo della trama mortale ordita alla Sua persona.
Intanto il paganesimo diminuiva in Oriente, ma era ancora vivo in Occidente dove il Santo si sentì chiamato da Dio e, dunque, lasciò gli alessandrini orfani di tanto padre.
Una nave mercantile lo accolse, iniziò il viaggio ed in aperto mare la violenza delle onde crebbe smisuratamente al punto che, temendosi un naufragio, Leucio dovette intervenire ed implorare Dio. Subito le acque si calmarono e con la bonaccia si approdò in Adrianopoli, poi ad Otranto ed infine a Brindisi dove l'idolatria era l'unica religione di quel popolo.
A questo punto si pose la predicazione di S. Leucio, accolto con ironia e disprezzato, ma dopo due anni senza pioggia le terre brindisine erano ormai aride, e Antioco, prefetto della città, lo fece chiamare e lo sfidò a provocare la pioggia per mostrare la validità del suo Dio ed in compenso il popolo, con un solo giorno, sarebbe divenuto cristiano. Leucio accettò la sfida e dopo essere riuscito nel prodigioso miracolo dovette subito battezzare il pagano Antioco che lo implorò piangendo.
Il prefetto, divenuto cristiano, volle costruire una Chiesa per il Santo Vescovo e propriamente sul punto occidentale della città da dove per la prima volta entrò ed il tempio fu intitolato a S. Giovanni Battista. Come Vescovo del popolo brindisino, Leucio esercitò per otto anni la pastorale predicazione e non ebbe più tempo perché una polmonite lo colse e lo riunì con Dio due giorni avanti le idi di gennaio.
Dal Catalogo dei vescovi brindisini si legge Leucius proloepiscopus, cioé Leucio primo Vescovo (2). Altri autori narrano che Leucio fu catturato in Acerenza e martirizzato a Grumentum in Lucania nell'anno 312 (3).
(1) Don Bruno Gagliardi, Vita di S. Leucio, 1950, pp. 106.
(2) Lanzoni F., Le origini delle diocesi antiche d'Italia, 1923, pag. 196.
(3) Cappelletti, Le chiese d'Italia, vol. XX', pag. 420.
© Leucio Palozzi