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3. Le traslazioni.

I nostri pastori già in quei primi tempi della Chiesa migravano con le greggi in Puglia ed avevano avuto modo di conoscere il grande Vescovo brindisino, così anche la storia della Sua Vita, ed in epoche successive, le alterne vicende della Sua traslazione. Questi fatti indussero a nutrire per il Santo una profonda e sincera devozione.

Le venerande reliquie di Leucio originariamente furono custodite in Brindisi, ma, quando la città fu distrutta dall'invasione longobarda, il papa Gregorio Magno scrisse al Vescovo di Otranto perché visitasse la derelitta Chiesa brindisina ed inviasse una porzione delle ossa del Santo Vescovo e Martire Leucio all'Abate del Monastero di S. Leucio che si trovava a cinque miglia da Roma sulla via Flaminia. La lettera è dell'anno 601 e segna l'inizio di una serie di traslazioni (6).

Gli abitanti di Trani verso il 670 trafugarono le reliquie del Santo che ancora si conservavano in Brindisi e le portarono nella loro Chiesa rimasta indenne e scampata miracolosamente alla furia longobarda.

In seguito, con le invasioni saraceniche le preziose ossa furono preda dei nuovi vandali i quali, ben consci del valore che rappresentavano, non si azzardarono a distruggerle o a disperderle, ma le mercanteggiarono con il popolo di Benevento che le riscattò a peso d'oro.

Intorno al IX secolo un braccio fu riportato a Brindisi, mentre il resto del corpo ancora oggi si conserva a Benevento. Dopo il mille una parte del corpo fu nuovamente traslata in Trani come pubblicò Ughelli F. nella sua Italia sacra (vol. IX, pag. 9).

Come si può facilmente rilevare, la fede per S. Leucio indusse le prime genti cristiane a fondare la propria devozione non soltanto sulle gesta mirabili di uomini sapienti, ma soprattutto nella costante ricerca e sacra conservazione delle loro reliquie, quali testimonianze concrete e tangibili di miracolose esistenze meritevoli di sentita venerazione.

(6) Gregorio Magno, Registrum Epistularum, Berlino, 1893, pp. 343-344.

© Leucio Palozzi